Di reputazione, social e Monopoly

“Essere famosi su Facebook è come essere ricchi coi soldi del Monopoly”.

Innanzitutto voglio conoscere chi è mai stato ricco a Monopoly; io andavo sempre in bancarotta, quindi per l’assioma “pics or never happened” io continuerò a ritenerla una cosa impossibile fin quando qualcuno non posterà nei commenti una prova al riguardo.

Potrei quindi chiudere qui il post e attendere la suddetta prova, ma assecondiamo il fato e diamo per assunto che a Monopoly si possa essere ricchi.  Davvero è tanto inutile quanto lo è essere famosi su Facebook? Davvero possedere un albergo su Parco della Vittoria equivale ad avere i “Big Likes”? Chi sostiene ciò, sottovaluta o ignora totalmente quanto invece sia importante oggi avere una presenza ed una reputazione solida sui social network. 

I social network stanno diventando (se non lo sono già) ciò che la televisione, la radio ed i giornali sono stati finora. Internet è un media tal quale e Facebook o Instagram, etc, sono i nuovi vettori come lo sono/erano i canali principali in TV, le testate giornalistiche più diffuse o le stazioni radio più ascoltate. Essere presenti significa “esistere”, non esserci significa l’oblio o al massimo rimanere circoscritti nel proprio piccolo orticello.

Martellare gruppi su facebook col proprio faccione, scrivere millemila post, postare fantastiliardi di selfie o riempire di “BUONGIORNISSIMOOOO” le bacheche altrui è un po’ come le pubblicità che eravamo costretti a sorbirci durante i nostri amatissimi telefilm americani.

La differenza con i media tradizionali sta nella maggiore opportunità e possibilità di condividere e mostrare agli altri i propri contenuti, che si parli di prodotti tangibili o di proprie creazioni autoriali di tipo musicale, artistico, letterario, etc, perché oggi chiunque può creare qualcosa e pubblicizzarlo o metterlo facilmente a disposizione di tutti e fidatevi: “chiunque” lo fa/farà! 

Proprio per questo, però, nel mare magno di facce, visi, attività in cui siamo quotidianamente immersi, ciò che fa la differenza alla fin fine è solo una cosa: la qualità.

Il detto “bene o male, purché se ne parli” è per i perdenti, per i mediocri, e vale se non si vuole fare il salto di qualità perché la reputazione che ci creiamo è ciò che ci precede ed è difficilissima da cambiare (oltre che da mantenere). Internet non dimentica ed è terribile quando googolando il nostro nome, a distanza di mesi/anni, escono risultati ora imbarazzanti che in passato abbiamo diffuso in giro per ottenere visibilità ma che oggi ci si ritorcono contro come un boomerang.

Sicuramente un approccio meno martellante, meno basato sul mero “esserci” ma più sulla qualità, è duro a carburare e richiede molto più tempo, ma i benefici che se ne trarranno a lungo termine valgono la candela.

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