Di Genesi, processo e finalizzazione di un ritratto

(Attenzione, post lungo! Procuratevi acqua, cibo e sedetevi comodi)

Come nasce un mio ritratto? Dipende. Il processo creativo non è sempre lo stesso; la maggior parte delle volte mi viene un’idea o colgo uno spunto e cerco il soggetto adatto a realizzarlo, a volte invece l’idea mi viene in base al soggetto che voglio ritrarre. In entrambi i casi c’è comunque alla base un imprescindibile bagaglio fotografico da cui attingere, consciamente o inconsciamente.

Per questo mio primo post alla “Rieducational Channel” ho deciso di raccontarvi la Genesi di questo ritratto alla splendida Helma:

Questo ritratto, come tutta la sessione di cui fa parte, nasce nel momento esatto in cui Helma ha tagliato i suoi lunghi capelli trasformandoli in una zazzera sbarazzina che mi ha immediatamente ricordato Drew Barrimore ritratta da Herb Ritts.  Ovviamente con le dovute proporzioni ed il mio più estremo rispetto per un Maestro come Ritts, ho pensato che l’idea potesse essere un ottimo spunto da cui partire per ritrarre Helma col suo nuovo look.

Grazie ad Eolo Perfido che mi diede tale ritratto come esercizio tempo fa, ero molto sicuro dello schema luci che avevo già testato ed affinato in precedenza e che vi mostro qui di seguito:


(Sono estremamente orgoglioso della mia scarsissima capacità nel disegno, sappiatelo)

Dopo una accurata sessione al trucco e parrucco con la super Make-up artist Veronica, il risultato finale dello scatto che mi sono portato a casa, pronto per la post-produzione, è stato il seguente:

…che mi pare già un ottimo lavoro, quasi solamente da convertire in bianco e nero ed è fatta, no? Eh no, perché i dettagli sono importanti e qui inizia il mio flusso di post-produzione.

Come prima cosa, io pulisco bene i capelli. Ma non nel senso di pulire con shampoo e balsamo, bensì nel senso di togliere tutti quei capelli e capelletti spuri e disordinati, quelli che spuntano di qua e di là e vanno in ogni direzione contraria a qualsiasi legge fisica e di buon senso. Ecco, io lo faccio in maniera maniacale. Una volta, per un ritratto ad un soggetto con una chioma riccia e vaporosa, misurai il tempo effettivo impiegato per la pulizia dei capelli… risultò più di tre ore e mezza effettive, quindi al netto delle pause. Tre ore. E mezza. Effettive. Ecco, non sempre ci impiego così tanto, ma di sicuro è sempre il passaggio di post-produzione più time-consuming del mio flusso di lavoro. Ecco i capelli prima/dopo: 

Non male eh?

A questo punto si passa ad una accurata pulizia della pelle. Sono contrario all’utilizzo dei tool automatici che con un click puliscono la pelle; saranno sicuramente utili per risparmiare tempo, ma preferisco avere sempre il controllo totale su ciò che va pulito o corretto e su quanto debba essere invasivo l’intervento di pulizia, anche perchè ho una mia “etica” del ritocco secondo cui non tolgo mai le caratteristiche fisiche permanenti (tipo nei, cicatrici, rughe di espressione) e vado ad attenuare caso per caso quelle dovute al passare del tempo (borse, occhiaie, rughe non di espressione). Elimino invece senza pietà e con grandissima soddisfazione bolle, brufoli, punti neri, couperose e peli superflui. La regola d’oro è mantenere sempre la trama originale della pelle. Ogni soggetto è diverso, quindi usare sempre lo stesso procedimento (o un tool automatico) per me è impensabile, perciò uso sempre una combinazione variabile di diverse tecniche che sono:

  • pennello correttivo
  • micro dodge & burn
  • separazione di frequenze

Dopo svariate mezz’ore passate a capo chino sulla tavoletta grafica come nemmeno un amanuense medievale, notare la differenza sul viso a ritocco finito:

…e sulla schiena:

E’ arrivato il momento di convertire lo scatto in bianco e nero, così come lo avevo pensato già in fase di scatto. Anche in questo caso non c’è una azione automatica che uso sempre allo stesso modo, piuttosto un insieme di interventi variabili di volta in volta. In questo caso ho inizialmente convertito con Silver Efex Pro 2 (giocando opportunamente con le opacità dei livelli):

…per poi aggiungere un livello di Valori Tonali con cui ho enfatizzato leggermente il contrasto:

Arrivati a questo punto, una leggera passata di dodge & burn per enfatizzare ad hoc i volumi e la fase che definisco “correttiva” in cui vado ad apporre le ultime correzioni che mancano. In questo caso ho corretto l’eccessiva luminosità tra le scapole ed ho aggiunto un pizzico di luce e contrasto sugli occhi. Ora lo scatto mi soddisfa, anche se non è ancora terminato:

Manca un delicato intervento di Fluidifica (mi raccomando: delicato! Si fa presto a farsi prendere la mano, occhio!) in cui vado ad addolcire la scapola, la curva del collo ed il braccio piegato, poi un tocco di grana ed il ritratto è finalmente pronto.

Il risultato finale è ad inizio post, ma se volete vedere il confronto diretto con lo scatto iniziale, divertitevi cliccando qui sotto e giocando con lo slide tra il prima/dopo, ma attenzione che può dare dipendenza! :D 

PRIMA/DOPO (attendere qualche secondo dopo il click)


Se volete saperne di più sui dettagli o se volete chiedermi un approfondimento simile su qualche altro mio ritratto, contattatemi cliccando QUI o attraverso il mio profilo Instagram o Facebook, oppure commentate il post loggandovi con Disqus! 


Di confronti, prima/dopo e assuefazione

Quando pubblichiamo una foto su internet, in particolare nei gruppi su Facebook o nei forum di fotografia, spesso ci viene chiesto di mostrare lo scatto originale. A questo punto siamo davanti ad un bivio: non farlo ed iniziare una filippica riguardo il fatto che la post-produzione è parte integrante ed imprescindibile di tutto il processo fotografico (verissimo) ed è quindi anche offensivo fare una richiesta del genere, oppure cedere alla tentazione di vantarsi delle proprie capacità di ritocco e post-produzione rischiando la pubblica gogna pubblicando il famoso RAW (o meglio, un jpg del raw).

Ma c’è una terza opzione, che strizza l’occhio alla seconda ma intrinsecamente elimina la gogna ed incrementa la meraviglia: quella di pubblicare un before/after (o prima/dopo) di una fruibilità estrema ed accattivante, ed è quello che hanno fatto quei geni del Knight Lab con il loro Juxtapose.

Non è altro che una pagina web (eccola) in cui viene richiesto di inserire le due versioni della stessa immagine - il “prima” ed il “dopo” - dopodiché verrà creato un link ad una nuova pagina in cui con grosso stupore e meraviglia si potrà far scorrere uno slide per mostrare interattivamente la differenza tra le due immagini.

Questo è uno screenshot del risultato su dispositivi mobili:

Lo slide che vedete al centro è scorrevole e permette di coprire o scoprire, come una tendina, la foto sottostante con quella sovrastante.

Esempi interattivi (cliccate e divertitevi):

Beatrice

Valeria

Carlotta

L’unico prerequisito è che le immagini devono essere già presenti su internet oppure su un account dropbox dal quale poterle caricare, in quanto attualmente non si possono caricare direttamente dal proprio PC/Mac.

Il solo difetto che attualmente riscontro è che la visualizzazione da dispositivi mobili non è ottimale in quanto le immagini non si ridimensionano automaticamente in base allo schermo del dispositivo usato; invece da PC/Mac l’immagine viene automaticamente visualizzata a schermo intero.

Attenzione: lo slide è ad alto rischio assuefazione 😀


Di reputazione, social e Monopoly

“Essere famosi su Facebook è come essere ricchi coi soldi del Monopoly”.

Innanzitutto voglio conoscere chi è mai stato ricco a Monopoly; io andavo sempre in bancarotta, quindi per l’assioma “pics or never happened” io continuerò a ritenerla una cosa impossibile fin quando qualcuno non posterà nei commenti una prova al riguardo.

Potrei quindi chiudere qui il post e attendere la suddetta prova, ma assecondiamo il fato e diamo per assunto che a Monopoly si possa essere ricchi.  Davvero è tanto inutile quanto lo è essere famosi su Facebook? Davvero possedere un albergo su Parco della Vittoria equivale ad avere i “Big Likes”? Chi sostiene ciò, sottovaluta o ignora totalmente quanto invece sia importante oggi avere una presenza ed una reputazione solida sui social network. 

I social network stanno diventando (se non lo sono già) ciò che la televisione, la radio ed i giornali sono stati finora. Internet è un media tal quale e Facebook o Instagram, etc, sono i nuovi vettori come lo sono/erano i canali principali in TV, le testate giornalistiche più diffuse o le stazioni radio più ascoltate. Essere presenti significa “esistere”, non esserci significa l’oblio o al massimo rimanere circoscritti nel proprio piccolo orticello.

Martellare gruppi su facebook col proprio faccione, scrivere millemila post, postare fantastiliardi di selfie o riempire di “BUONGIORNISSIMOOOO” le bacheche altrui è un po’ come le pubblicità che eravamo costretti a sorbirci durante i nostri amatissimi telefilm americani.

La differenza con i media tradizionali sta nella maggiore opportunità e possibilità di condividere e mostrare agli altri i propri contenuti, che si parli di prodotti tangibili o di proprie creazioni autoriali di tipo musicale, artistico, letterario, etc, perché oggi chiunque può creare qualcosa e pubblicizzarlo o metterlo facilmente a disposizione di tutti e fidatevi: “chiunque” lo fa/farà! 

Proprio per questo, però, nel mare magno di facce, visi, attività in cui siamo quotidianamente immersi, ciò che fa la differenza alla fin fine è solo una cosa: la qualità.

Il detto “bene o male, purché se ne parli” è per i perdenti, per i mediocri, e vale se non si vuole fare il salto di qualità perché la reputazione che ci creiamo è ciò che ci precede ed è difficilissima da cambiare (oltre che da mantenere). Internet non dimentica ed è terribile quando googolando il nostro nome, a distanza di mesi/anni, escono risultati ora imbarazzanti che in passato abbiamo diffuso in giro per ottenere visibilità ma che oggi ci si ritorcono contro come un boomerang.

Sicuramente un approccio meno martellante, meno basato sul mero “esserci” ma più sulla qualità, è duro a carburare e richiede molto più tempo, ma i benefici che se ne trarranno a lungo termine valgono la candela.

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